A cena con la morte per capire chi siamo

"Tutti i miei fantasmi sono anche loro vita". Si può prendere questa affermazione, più volte ricorrente nello spettacolo, come punto di partenza per tracciare un possibile percorso di avvicinamento a questo teatro di parola, detta e proiettata (sullo schermo). Virtuosisticamente la parola vi salta e rimbalza, sprigionando mille riflessi e suggestioni, che possono forse in estrema sintesi esser detti così: per essere me stesso, ho bisogno di tutto me stesso. Appare qui la superficialità dello slogan universalmente ripetuto come indiscutibile mantra dei nostri tempi stolti: devo essere me stesso! Certo, se fosse facile sapere che cosa effettivamente io sia. Edi, la ragazzina protagonista, è l'io che si muove in mezzo a istanze diverse, che diversamente e contraddittoriamente la sollecitano a uscire da una quiete fatta di non-odio che è anche non-amore, nella quale riconosciamo tanti giovani (e non). Tali istanze paiono rappresentate negli altri personaggi - il padre, la madre, lo zio -, nei quali (in fretta e furia) possiamo rispettivamente vedere corpo, psiche e spirito. Cospicuo il ruolo dello zio, coscienza critica del gruppo, che indica come direzione il superamento del dualismo bad / good, e pone la centrale questione: cosa vuoi? che cosa veramente t'interessa? Evangelicamente: qual è il tuo tesoro, dove sta il tuo cuore? Sta qui il nodo e il mistero di ogni esistenza. Di passaggio: l'accenno al capitolo 7 del Vangelo di Luca e la "traduzione" di ciò che abitualmente vien detto "peccato" con "trauma" non convince. Luca parla di hamartia, ed è il classico vocabolo del peccato. Ch'esso sia anche trauma, è certo. Rimane però che nella Bibbia - e in essa nel Vangelo - è legato alla libertà umana, e dunque alla responsabilità: non semplicemente un male che proviene dall'esterno, ma che nasce dal cuore dell'uomo. Qui si risente di una spiritualità vagamente New Age, chiara soprattutto nel racconto che lo zio fa della sua esperienza fuori dal corpo (obe) in occasione di un incidente. Ad ogni buon conto, per uscire dalla sua piattezza Edi-io ha l'idea di creare un'occasione speciale, una cena luculliana alla quale invita gli altri tre, che si rivelerà a sorpresa una sfida con la morte. Dopo averla servita, rivelerà ai commensali di averli avvelenati. Il confronto con la morte produce uno scatto in avanti e nuove prese di coscienza. Che siano davvero stati avvelenati o meno in fondo poco importa: essenziale è piuttosto che tutto acquista autenticità proprio di fronte alla morte, la quale scompiglia la pseudo pace costruita sulla menzogna strutturale. Ma lo zio non si scompone: l'avvelenamento è un bluff. La cerimonia è finita: possiamo continuare a vivere, cercare, sperare. Con tutti i nostri fantasmi.
La Cerimonia, di Oscar De Summa, con Oscar De Summa, Vanessa Korn, Marco Manfredi, Marina Occhionero. Produzione Teatro Metastasio di Prato. Prima assoluta. Teatro Fabbricone, Sala 2 (Fabbrichino), 24 marzo - 9 aprile 2017.

Commenti

Post popolari in questo blog

Ego sum Via

Le Nozze

Filautia, piacere e dolore nella Questione 58 a Talassio di S. Massimo il Confessore