Post

Visualizzazione dei post da gennaio, 2009

Così è (se vi pare)

Probabilmente anche quegli studenti delle superiori che hanno assistito allo spettacolo per “arruffianarsi con la professoressa” non si saranno poi così annoiati: la messa in scena di “Così è (se vi pare)” (Fabbricone, 21-25 gennaio 2009, regista Massimo Castri) – Pirandello non è autore lieve – è stata piacevole e molto scorrevole, il che è già un buon risultato. Il testo è troppo noto perché se ne debba qui richiamare la trama. La rappresentazione accenna a una struttura concentrica. Nell’anello esterno troviamo una festa di carnevale, cornice all’intera vicenda. Si tratta della vita “normale”, nella cui apparente solidità già la scenografia segnala alcune crepe. Nove porte e due specchi (deformanti) lasciano presagire un labirinto di cammini che si incrociano e di immagini differentemente riflesse che mai arriveranno a ricomporsi. Felicemente allusiva, la metafora del carnevale, nel presentare il tema, tipicamente pirandelliano, della maschera. Un terzetto costituito da marito, mog

I vizi capitali

Qualche giorno fa cercavo in rete un rapidissimo compendio sui vizi capitali. Insoddisfatto dei risultati, me lo sono fatto da me, eccolo: 1. Superbia. In senso ampio non è un vizio ma la radice di ogni vizio, in quanto è volontà di rendersi autonomi da Dio, cercando la vita senza (o contro) di lui. In senso stretto è il desiderio sregolato di affermare la propria eccellenza e la superiorità del proprio ego. Ciò porta anche al desiderio esagerato di apprezzamento, lode, etc., cosa che nella tradizione orientale è un vizio a sé: la vanagloria. 2. Avarizia. Far consistere la propria vita nei beni materiali e, in generale, avere con essi un rapporto sbagliato (nota: anche la prodigalità rientra in questo vizio). 3. Lussuria (o fornicazione). Desiderio e ricerca del piacere sessuale fine a se stesso. Il suo imperativo è "tu devi possedere l'altro". 4. Invidia. Cattivo rapporto con i beni altrui (di ogni tipo), in forza del quale essi diventano motivo di ostilità nei confronti

Le donne dell'Odissea

"Quando si diventa vecchi si commentano i grandi libri. Gli stessi che da giovani abbiamo provato a sviscerare. Non essendoci riusciti, ci abbiamo riprovato. Li abbiamo lasciati stare. Li abbiamo dimenticati. E ora sono qui di nuovo. Ce li siamo meritati con anni e anni di oblio. Ne contempliamo la magnificenza. Parliamo con loro. Adesso, pensiamo, dovremmo poter ricominciare a vivere per comprendere uno solo di questi libri" (E. Canetti, Die Fliegenpein Aufzeichnungen, 1992 [La tortura delle mosche]). E dunque riprendiamo in mano l'Odissea. Le sue donne. 1. Le Sirene Le Sirene non sono donne, ma mezze donne: metà donne e metà uccello (o serpente, o pesce). Per tal motivo non le si può legare alla seduzione femminile, alla lusinga sensuale; ma piuttosto alla fascinazione del sapere, della conoscenza, dell'andare verso l'ignoto, del fare esperienza di tutto. Il loro canto ammaliatore: Qui, presto, vieni, o glorioso Odisseo, grande vanto degli Achei, ferma la nave,

Ascolto

Possiamo rettamente dire: "ascoltaci, Signore", solo se diciamo anche - e prima ancora -: "ti ascoltiamo, Signore".

Beethoven, An die Freude - Inno alla gioia

Beethoven ha usato il testo di un'ode di Schiller, con non piccoli adattamenti. Intanto ha composto un testo introduttivo, che veramente non è un granché, che recita: O Freunde, nicht diese Töne! Sondern laßt uns angenehmere anstimmen, und freudenvollere! Freude! Amici, non questi suoni! Intoniamone piuttosto altri, più gradevoli e gioiosi! Gioia! L'esortazione a "cambiare musica" si riferisce alla musica che precede immediatamente, da qualcuno - piuttosto propenso a drammatizzare - chiamata "fanfara dell'orrore" e al recitativo (strumentale), i quali creano una tensione che domanda di essere risolta. Come nelle opere, negli oratori, etc… la tensione creata dal recitativo viene risolta nell'aria seguente, qui viene risolta nel dispiegarsi delle strofe dell'inno alla gioia. Ed ecco la prima strofa: Freude, schöner Götterfunken, Tochter aus Elysium, Wir betreten feuertrunken, Himmlische, dein Heiligtum! Deine Zauber binden wieder, Was die Mode stre

Perché ti agiti?

Circola in rete un bel testo di d. Dolindo Ruotolo, "atto di abbandono". Credo che sia un messaggio molto importante oggi; non avendo il testo originale e volendo trasporlo in linguaggio più attuale, invece di riprodurlo ho voluto parafrasarlo liberamente: Perché ti agiti? Lascia a me la cura delle tue cose e troverai pace. Sappi che un atto di vero abbandono scioglie ogni nodo.  Chiudi placidamente gli occhi dell'anima, distogli il pensiero dal tuo problema e lasciati portare da me. Chiudi gli occhi e riposa nella fiducia, ci penso io: le situazioni più chiuse si apriranno. Chiudi gli occhi e lasciami fare. Làsciati andare, rilàssati e rimani con me. Credi alla mia bontà e trova riposo in questo. Se davvero ti affidi a me, smetti di arrovellarti e disperarti.  Smetti di agitarti, dammi fiducia!  Smetti di rimuginare, ragionare e sragionare: ti fai solo del male. Smetti di voler risolvere a ogni costo con le tue risorse ciò che ti affligge.  Smetti di pesare e soppesare t

Una riflessione per i "single"

Recita il Talmud: "Nessun uomo può dormire solo in casa; chiunque dorme solo in casa sarà preso dai demoni". In effetti, credo che sia una condizione innaturale. Perciò chi è in tale situazione deve predisporsi a entrare nella notte con la preghiera. Il che, del resto, vale per tutti.

Al presepe!

Nondum idonei sumus convivio Patris nostri, agnoscamus praesepe Domini nostri Iesu Christi ("non siamo ancora idonei al banchetto del Padre nostro: riconosciamo il presepe del Signore nostro Gesù Cristo"). Così Agostino termina uno dei suo sermoni natalizi (194,4.4, ufficio delle letture della feria del 5 gennaio). C'è un'allusione a Isaia 1,3: Cognovit bos possessorem suum, et asinus praesepe domini sui; Israel autem me non cognovit, et populus meus non intellexit ("il bue conosce il suo padrone e l'asino la mangiatoia del suo signore, ma Israele non mi ha conosciuto, il mio popolo non ha capito"). Siamo a buon punto se siamo al livello del bue e dell'asino, ossia comprendiamo dove sta il cibo: nella mangiatoia di Betlemme. E' questa la via per arrivare al banchetto della definitiva sazietà, che al momento è fuori portata. Puntare direttamente a quel banchetto è ignorante arroganza umana e impossibile scalata al cielo. Contro ogni gnosi, ogni vo

11 gennaio 2009, Battesimo del Signore

Isaia 55,1-11. La profezia del Secondo Isaia volge oramai verso la sua conclusione, e il profeta, come un venditore ambulante, invita tutti quanti ad approfittare della sua offerta, incredibilmente vantaggiosa. Chi accoglie la parola profetica accoglie già da subito, fidandosi della promessa in essa proclamata, la speranza certa della liberazione dall'esilio.  Chi saprà ascoltare, potrà finalmente rispondere alla domanda angosciata di Israele in esilio: l'alleanza è oramai finita? Dio si sente ancora il Dio di Israele? La disfatta della dinastia davidica significa che Dio non ritiene più di dover restare fedele alle sue promesse? La risposta del profeta è chiara, e anche inedita: Dio stabilisce una nuova alleanza, nella quale gli atti di amore gratuito dei quali Davide è stato oggetto saranno per tutto il popolo, e i favori assicurati a uno estesi a tutti. L'esilio dunque, invece di essere una battuta d'arresto o addirittura la fine del progetto di Dio, rappresenta un s

Pronti... attenti... via!

Parte questa nuova tappa, prosecuzione del cammino iniziato cinque anni fa con " Lo Zabaione "; cammino a zig-zag, certo, però non privo di una sua meta. Quale? Ma lo sapremo alla fine!